sabato 9 maggio 2009

TENEBRE III parte (conclusione)

Cado!
Cado giù!
Ho solo varcato la porta della casa di una squillo. E precipito. E' tutto buio.
Sbatto sul fondo di questo precipizio. Fa male, ma sopravvivo. Il cuore mi batte a mille, il panico si impossessa di me. Ma che cacchio è successo? Io sono solo venuto nella casa di una prostituta. Ne ho ben donde di goderne, cribbio, dopo anni di matrimonio fallimentare, con un baccalà per compagna, che ho dovuto pure ammazzare per ricominciare un pò a vivere, credo di essermi meritato la bella vita. Ergo, che diavolo succede? E' come se da quella porta fossi cascato in un fosso, qui è tutto terriccio.
Ed è pure tutto buio.
Bene, almeno questo. Nel buio io mi so orientare, nelle tenebre io ci sguazzo, sono come la mia vera casa. Qualunque cosa accada, nelle tenebre c'è la risoluzione ai problemi. Quindi mi alzo e vedo di capire dove sono, cammino e cerco dei muri, ma non ne trovo. Protendo le mani insicuro, ma non incontro nulla.
Poi il terrore: una mano mi tocca la spalla da dietro. Mi giro urlando cercando alla cieca chi è stato. Inciampo e cado, la faccia mi finisce fra il terriccio.
Se c'è qualcuno dietro tutto questo,se ne pentirà: nessuno può fare questo a me, uno dei più importanti boss della mala. Io sono forte, sono intelligente, la potenza è dalla mia parte, tutti mi temono e mi rispettano. Nessuno può buttarmi giù in un fosso e farla franca. Nessuno mi fa fare la figura del coniglio e ne esce vivo. Sicuro di me, mi alzo fiero tra le tenebre, pronto ad affrontare questo misterioso avversario.
Poi la odo: una risata, bassa e lunga, quasi satanica, pare fatta da un maniaco. "Chi è?" dico. "Chi è l'idiota che rischia la vita in questo modo? Ti ucciderò per questo"
Incomincio a sudare, questa risata è inquietante. Tendo le mani cercando qualcosa nel buio, mentre il cuore prende a battere più forte. Cammino nel buio, che sono sicuro mi proteggerà, perchè se io non poso vedere lui, lui non può vedere me. La mia mano tocca un oggetto freddo e metallico: la lama di un coltello. Mi procura un taglio alla mano. Mi prendo la mano ferita urlando, dolorante e terrorizzato. Ma che cacchio succede? Il coltello mi sfiora il viso e mi fa uno squarcio fra i vestiti. Urlo impaurito come un matto. Cado ancora. Cerco qualcosa fra le tenebre, ma non trovo nulla. All'improvviso odio il buio. All'improvviso voglio che non faccia più buio, voglio vedere attorno a me che succede.
Rumori e risatine tutt'attorno a me. Mai che giungano dallo stesso posto. La paura mi attanaglia, per la primissima volta in vita mia ho paura del buio. Mi ranicchio spaventato. Cazzo! Io sono l'uomo più potente della regione, non posso permettermi un simile cuore di coniglio. Il cuore batte all'impazzata. Mi agito.
Poi la mia mano sfiora l'accendino nel taschino della giacca. Lo userò per avere un pò di luce.
Mi alzo in piedi tremante nel buio. Sento il fiato dell'accoltellatore addosso a me. Faccio luce con l'accendino. E' davanti a me, ed è abominevole.
Non è un uomo, è un manichino nero. Non è fatto di carne, non ha un viso. E' l'oscurità incarnata, è fatto di tenebre, tutto nero. Ha forma umanoide, ma non ha volto. Alza il braccio, nella cui mano c'è un coltello. Capisco: questa è la punizione per tutto il male che ho fatto, per tutte le tenebre che ho sparso nella vita degli altri.
Piango come un marmocchio. Il coltello cala, l'accendino cade e si spegne. Il metallo lacera il mio petto e raggiunge il cuore. E tutto ciò che c'è dopo è solo l'oscurità.

mercoledì 15 aprile 2009

STORIELLA: IL SEQUEL


Arrabbiato perchè escluso dalla storia precedente, arriva il brutto e ammazza tutti. Autore compreso.

martedì 14 aprile 2009

STORIELLA



C'era una volta un buono.
Poi arrivò un cattivo, il quale fece cose molto cattive, e tutti si trovarono in pericolo.
Per fortuna, il buono fermò il cattivo e salvò la situazione.
E vissero tutti felici e contenti.

lunedì 13 aprile 2009

TENEBRE parte II

Amo le tenebre, lì tutto si dissolve e ogni cosa si confonde con un affascinante nero, fino a sparire e a non esistere più.Tutto si prendono, su tutto alla fine hanno il soppravvento, nel loro dolce ventre svaniscono i problemi. Se ci sono loro, la mia vita cambia sempre in meglio. Grazie a loro sono vedovo, e così la mia vita è migliorata.
Notevolmente. Sono diventato più felice, anche gli altri me lo dicono. Sono diventato più radioso, anche il mio segretario, Carlo, dice che basta vedermi in faccia per notare un cambiamento positivo in me. Poteva essere altrimenti? Quella zecca di mia moglie era la reincarnazione di tutte e dieci le piaghe d'Egitto. Non passava giorno senza fastidi, senza assilli o senza gran dispendio di soldi.A letto era una ciofeca e metterle le corna era più difficile di uccidere il presidente di qualche nazione, visto che mi monitorava ventiquattr'ore su ventiquattro. Alla fine però me ne sono liberato. Di lei e di un altro malcapitato cretino. Se li sono presi le tenebre, quel gran capolavoro dedicato al male che è l'oscurità li ha divorati, e ora non esistono più. O gioia. O gaudio.
Da allora donne a go-go: pulzelle, preparatevi, "gigolò Joe" è tornato. Sono tornato a essere l'allegro Don Giovanni di un tempo, ruolo più che mai adatto a me. Se mai farò carriera nella mafia, se mai diventerò ancora più importante, una delle prime cose che farò sarà abolire questa sciocca usanza per la quale un boss deve per forza essere sposato. Un vero uomo deve essere libero, come lo sono io ora. Ogni sera una diversa, libera, fidanzata o sposata. E se non rimorchio, ci sono sempre squillo d'alto bordo, che si confanno a un imprenditore di successo come me. Ritornare a donne liberamente è una gran soddisfazione.
Proprio come adesso. Mi stò dirigendo da una che ci sa fare, e per questo forse si fa pagare tanto, ma se li merita, e si farà gran festa. Alla guida della macchina c'è Carlo, stiamo andando ai confini della città. E' molto tardi, quindi molto buio. Bene, mi fa sentire a mio agio. Non mancano molti isolati ormai, in compenso manca molta illuminazione. Dopotutto certe cose si fanno di nascosto, si preferisce tenere segrete abitudini di questo genere.E qui entrano in scena le tante bistrattate tenebre, che occultano, che offrono la sicura e confortante copertura, proteggono, ti puoi muovere senza remore in esse, perchè nessuno verrà mai a renderti il conto di ciò che facciamo là, una delle cose più dolci. Alla fine ci fermiamo davanti ad una casa con giardino, scendo e citofono mentre noto che c'è molta poca luce. Mi aprono e dico a Carlo di aspettare, lui fa battute e dice che faccio bene a godermi la vita così. Lo lascio e mi dirigo verso le tenebre di quella casa, verso le sue caldi, accoglienti tenebre. Se mi fossi voltato, avrei visto che ben altre tenebre si imponevano allo sguardo di Carlo, portate da una mano che tagliava la gola.

continua...

lunedì 6 aprile 2009

A LORENZO

Esistono grandi persone, che hanno il dono di ispirare.
Ispirano all'ottimo, al ben fatto, insegnano l'arte.
Ancora di più, ispirano all'interessarsi agli altri, a esplorare, ad aprirsi.
A cercare.
Fanno di te persone migliori.
Hanno grandi doti: pazienza e saggezza, fra le altre.
Sono dei grandi.
Bisogna essere fortunati a trovarli.
Io sono stato fortunato.








lunedì 30 marzo 2009

TENEBRE

Quando tutto si dissolve nelle tenebre il mondo diventa più bello, perchè lì spariscono i nostri peccati e i nostri segreti, i problemi spariscono e vengono sepolti nel buio, chi odi e chi ti odia muore. E, sopratutto, le tenebre sono belle. Affascinanti. Seducenti. Là è il mio mondo.
Là mando tutte le persone che uccido, là lavoro, là mi riposo, là mi diverto.
Grazie a esse presto sarò vedovo.
Prenderò due piccioni con una fava: mi libererò di uno scemo che mi derubava e di mia moglie.
Grande.
Carlo mi telefona, dice che stà arrivando con Donato.Bene, ho fretta di ucciderlo, così posso mettere fine anche a questa stupidaggine del matrimonio. Tutto sommato dovrei ringraziare Donato: il fatto che mi abbia derubato di molto denaro mi stà dando grandi vantaggi. Posso far ricordare a tutti chi è che comanda qui, per un boss della mafia del mio calibro questo è importante, far ricordare a tutti che nessuno può fare il furbo con me. E ho un pretesto per accoppare quella sciaquetta di Ambra, mia moglie.
Donato è un pò un corriere, prende i soldi degli allibratori e li porta in ufficio, li dà a Carlo, il mio segretario. Un pò è proprio grazie a Carlo se ho scoperto che Donato mi derubava: va da alcuni allibratori per sbrigare delle pratiche e, già che c'è, chiede quanto hanno fatto. Dal momento che non era necessario che tornasse in ufficio quel giorno e che io ero nei paraggi, per il resoconto di quello che ha concluso con gli allibratori ci incontriamo in un bar. Lì mi dice la somma che hanno fatto gli allibratori. Poi torno in ufficio, dove trovo Donato che parla con Ambra. Una discussione innocente. Lui mi dà i soldi che ha preso e se ne va. Peccato che sono meno di quanto Carlo mi ha detto. Faccio delle telefonate agli allibratori e gli chiedo quanto hanno fatto la settimana precedente. Io ho ricevuto di meno. Era chiaro che quel babbeo mi stava derubando, e in una maniera molto poco intelligente. Avrei potuto ucciderlo subito, ma mi venne un'idea. Avevo beccato Donato da solo con mia moglie. Non facevano nulla di male, però io ero l'unico a saperlo, e sono potente: se dico che Ambra mi tradisce con Donato tuti mi crederanno. Avrò il diritto di ucidere entrambi. E sarebbe pure ora, non sopporto più di essere sposato a quell'idiota.
Non sopporto più di essere sposato e basta. E' per una fottuta questione di cosìdetto "buon gusto" se lo sono, è perchè sono un capo importante, prestigioso nell'ambiente, e quindi non è accettabile il fatto che sia scapolo, devo avere una moglie. E fra tutte le mogli che la mia famiglia mi poteva dare, proprio Ambra mi doveva capitare? E' una rompicazzo patentata, non posso sbattere le palpebre che ha da ridire, non ho più un attimo di pace, critica ogni cosa che faccio, viene a parlarmi di fesserie quando sono occupato in cose importanti. E spende, spende troppo. Già di per sè il matrimonio è una gabbia che non ti permette di divertirti, di fare la bella vita, di avere un sacco di donne come si converrebbe ad un vero uomo come me, sano e robusto. E Ambra la rende ancora più soffocante questa gabbia, lei mi controlla, non mi dà respiro, pretende di essere informato di tutto quello che faccio, anche se vado solo a spedire una lettera;e nemmeno facciamo vita mondana, non è che usciamo, per lei la serata ideale è quella passata a casa, e così non vado mai a nessuna festa; a letto poi è una delle peggiori sciaquette che abbia mai incontrato; e non posso parlare di tenebre e sull'oscura natura umana che lei urla perchè s'inquieta. Adesso basta, sono arrivato al limite, voglio tornare alla bella,vecchia vita. E' ora.
Ho fatto passare una settimana e ho fatto in modo che Donato trovasse ancora solo mia moglie in ufficio e sono solo io a trovarli. Come previsto, Donato si è di nuovo tenuto un bel pò di bigliettoni. A questo punto faccio spargere la voce: Donato deruba il boss. E non solo. Faccio dire pure che quando mi portava i soldi, lo trovavo solo con Ambra. Adesso Carlo suona alla mia porta. E' accompagnato da due gorilla e ha Donato nel bagagliaio. Dico ad Ambra di venire con noi. Lei naturalmente non vuole, allora la picchio e, adesso che ci sono i miei uomini, comincio la sceneggiata del marito cornuto che ha trovato la moglie con l'amante: urlo che l'ho trovata a letto con Donato, che è una puttana, che Donato è il suo amante eccetera. Recito bene, i ragazzi sono sgomenti, guardano la scena prendendo per vero ciò che dico. Bene. Carichiamo Ambra in macchina e andiamo.
E' sera, anzi ormai è notte, l'ideale per eliminare chi odi, le tenebre ti avvolgono e fai meglio il tuo lavoro. Arriviamo in campagna, fino a una radura piena di grossi buchi, profondi una decina di metri, è qua che si trovano molti miei nemici, molti di quei fessi che hanno cercato di farmi la pelle. Sono stato io a farla a loro.E ora i loro cadaveri si trovano qua dentro.Nei loro fondi oscuri.
Porto Donato e Ambra al bordo di uno di questi. Dico quello che gli stò per fare, il motivo per cui lo stò per fare. Naturalmente partono i Mi Dispiace e i No Non è Vero.
Donato dice che ne aveva bisogno, che se lo risparmiavo avrebbe fatto qualsiasi cosa e vaccate varie. Ambra dice che non mi ha mai tradito, che non l'ha mai fatto.E' da lei che voglio iniziare: le sparo nella spalla e lei urla, anche io urlerei, per la gioia.Altra spalla altro proiettile. La gambizzo. Poi le sparo nella pancia e lei cade all'indietro nel pozzo. Giuù nel pozzo. Poi tocca a Donato che si prostra ai miei piedi, ma i miei uomini lo tirano su e io gli sparo nella testa e lui muore.Poi lo mando giù dietro ad Ambra, giù nelle tenebre. Là essi spariscono, là le tenebre se li tengono per sempre e là si dissolvono, e il mondo diventa più bello.


continua...

sabato 21 marzo 2009

MANI ROSSE



Questa è la storia di Gianni Rota, pugile dalle mani rosse, rosse come può esserlo l'ardore.
Gianni Rota era nato povero, difficilmente la famiglia riusciva ad arrivare a fine mese.
Smise presto di andare a scuola, aveva trovato un altro modo per andare avanti: il pugilato.
Però gli mancava la possibilità di entrare nel giro dei professionisti, così si dovette accontentare delle lotte nei bassifondi. Si fece presto un nome, una certa fama. Grazie a quelle magiche mani rosse riusciva a raccimolare abbastanza soldi per sè e la famiglia.
E, continuando, Gianni scoprì anche che gli piaceva. Quelle mani rosse erano belle. Il pugilato diventò il suo credo.
Però non poteva durare: andando avanti gli avversari si facevano sempre più forti, e Gianni si ritrovava sempre più spesso non all'altezza. Era molto giovane dopotutto.
Il suo morale cadde anora più in basso quando il padre li abbandonò, a Gianni e sua madre: uscì di casa e non si fece più vedere.
Poco prima dei vent'anni lasciò il pugilato. Era diventato un mondo troppo difficileper lui, aveva bisogno di appoggiarsi a qualcosa.
Iniziò a cercarsi un lavoro serio, ogni volta però c'era sempre qualcun altro con una laurea o con una raccomandazione che glielo soffiava.Per andare avanti tirò la carretta. Faceva un pò di tutto, e si ritrovò a fare qualcosa anche per Giuseppe Tagliana, famigerato boss della mala locale. Non che facesse qualcosa di molto grave, non ha mai rapinato, ucciso o scippato. Più che altro spacciava mariyuana, il più delle volte faceva da gorilla ai ricettatori o a qualcun altro di importante, il corriere che portava soldi alle mogli dei carcerati. Ma mai niente di che.
C'aveva fatto l'abitudine quando conobbe Gloria.
Gloria era la più bella donna che avesse mai incontrato. Se ne innamorò all'istante. Per lei era pronto a fare qualsiasi cosa, a gettarsi nel fuoco e a scalare le montagne più alte.
Gloria, dal canto suo, ricambiava il suo amore. I due si volevano sposare.
Ma fra il dire e il fare c'è di mezzo il mare, e in questo caso il mare aveva le sembianze dei genitori di Gloria. Loro non avrebbero mai permesso che la figlia andasse ad uno spiantato quale era Gianni. Loro avevano altri progetti.
Gianni e Gloria pensavano allora di darsi alla fuga, ma Gianni doveva pensare anche a sua madre e poi con la fuga non avrebbero risolto niente, di che cosa sarebbero vissuti?
Gianni era più che determinato a trovare il modo di fare un mucchio di soldi per Gloria, ed era disposto a fare di tutto.
Pensò di chiedere un prestito a Tagliana, ma sapeva che indebitarsi con lui significava solo guai. Però il boss qualcosa per lui la potava fare: poteva fargli di nuovo fare pugilato.
Per una volta il cielo gli arrise: Tagliana disse sì. Come al solito però gli arrise a metà: poteva giocare solo alle sue condizioni.
E così ricominciò.
Le sue mani ritornarono a essere rosse. Rosse splendenti.
E stavolta nel giro dei professionisti.
E fu gloria e vittoria: si era aperta una stagione dorata per Gianni. Un match vittorioso dopo l'altro, Gloria e sua madre erano fieri di lui.
Aspetto non secondario, lo stipendio non era male. Certo, avrebbe guadagnato molto di più se fosse stato lui a detenere i diritti della sua immagine, i quali erano di Tagliana, ma andava bene anche così, riusciva a mantenere sè stesso e a mettere da parte abbastanza per vivere con Gloria.
Proprio su questo versante però sorse un problema: i genitori le avevano trovato un marito, ricco e importante.
Gloria, però, preferì non dirgli niente, non voleva demoralizzarlo. Non ora che stava andando a concorrere per la finale del campionato, per diventare il migliore d'Italia.
Gianni era al settimo cielo, aveva riscoperto l'amore per il pugilato. Cominciò ad allenarsi duramente per il campionato. Si svegliava prestissimo e si esercitava fino a sera, era detertminatissimo, mai come ora il paradiso gli sembrava così a portata di mano. Dieci sparring partners al giorno e dieci kilometri di corsa. E le mani rosse sempre con lui, a brillare del loro splendore, degno del sole quando tramonta.
Attorno a lui era stato creato il mito del sogno, fu Tagliana a pubblicizzarne la storia personale: nato povero, lavori umili, box come sola occasione di riscatto e compagnia bella. Gianni era diventato popolare, a livello nazionale.
Una sera fu chiamato a casa di Tagliana, e qui ricevette un colpo peggio che dal più agguerrito dei pugili: il boss gli disse che doveva perdere l'incontro. Gianni ci rimase di sasso, non era sicuro di aver capito bene: che voleva dire che doveva perdere? Ora che era diventato famoso e importante? Gloria e la mamma contavano su di lui. Il boss gli rispose che doveva farlo perchè era così che aveva sempre programmato che andasse, che aveva speso tanto per renderlo il favorito, per renderlo una star. Era tempo di raccogliere i frutti, che andasse a tappeto alla quarta ripresa. In cambio, tanti soldi.
E così Gianni scelse di scendere a compromessi, decise di perdere.Per Gloria. L'importante era avere il mucchio di soldi che Tagliana gli aveva promesso, con i quali si sarebbero sistemati.
Andò a parlarne con Gloria, e qui peggiorò: lei vuotò il sacco e gli parlò del matrimonio organizzato.
A Gianni crollò il mondo addosso. Se ne fuggì di là piangendo.

Arrivò la finale.
Era lui sul ring, da solo contro tutti. Non era solo contro Masto, vincitore della scorsa edizione, gli pareva che ogni cosa fosse contro di lui: Gloria l'aveva tradito, Giuseppe Tagliana pure, ed ora doveva tradire lo sport in cui credeva, in cui aveva messo tutto, che era la sua gioia.
Tagliana sedeva fra il pubblico, sua madre lo vedeva da casa, in televisione, e una folla di matti esultanti circondava il ring. Gianni si chiese quanto si poteva aspettare da questi matti, lui che era sempre stato tradito da tutti e da tutto. E ora stava per tradire anche lui sè stesso, stava per tradire il suo credo: anche se non poteva più accasarsi con Gloria, i soldi offerti da Tagliana erano sempre soldi, era sciocco sputarci sopra.
Il match incominciò: fu gianni a ricevere il primo pugno, demoralizzato com'era l'ardore per la box si era spento. Ma quel diretto in faccia gli fece montare la rabbia: iniziò subito ad aggredire Masto con una grandinata di pugni, uno dopo l'altro. Lo fece indietreggiare e lo mise all'angolo, ma i pugni non erano più le splendenti folgori di prima, il rosso del sole si era spento. Era solo la rabbia a darci dentro.
Il primo round fu suo. I suoi occhi incrociarono quelli di Tagliana, che con lo sguardo gli comunicò il suo dovere, come fosse un bambino pestifero. Non ce n'era bisogno, la rabbia si era spenta, come tutto nella sua vita. Nulla poteva impedire ad un agguerito Masto di riempire di pugni Gianni nel secondo round. E così fu.
Gloria lo vedeva da casa. Era a pranzo a casa dei suoi, c'erano il suo promesso e le loro famiglie. Ma Gloria vedeva in televisione il suo amato. Entusiasta per il primo round, rimase con il cuore in gola per tutto il secondo. Gianni le prendeva, e di brutto. Lei lo conosceva, capì che lui aveva deciso di vendersi.
E venne il terzo round. Gianni aveva deciso di andare giù al quarto, come d'accordo, ma si chiese se poteva arrivarci: l'ardore non c'era più. Il terzo round fu violentissimo: riuscì ad assestare ben pochi pugni, e ne prese tanti. Masto era troppo forte, lo incalzò di montanti a non finire. Costrinse Gianni ad un angolo e Gianni si ritrovò a mostrare la spalla destra come ben magra difesa. Gloria vide la spalla e il braccio destro di Gianni coprirsi di lividi. Allora decise: si alzò e mandò all'inferno tutti i presenti, stai scherzando disse il promesso che si prese un bel tuzzo in fronte e Gloria usci via di corsa, diretta verso lo stadio.
Gianni le stava prendendo di brutto, due pugni al petto gli ruppero due costole. Se non fosse già tutto un dolore, si sarebbe buttato a terra dolorante a piagnucolare.
Pausa. Poi il quarto round. Faccio schifo, pensò Gianni. Per farsi forza pensò al suo compenso.
Cominciò il quarto round: Gianni cercò di comportarsi meglio che potè, il braccio destro era pressocchè inutilizzabile. Evitò colpi meglio che potè, poi giunse il momento da Tagliana tanto atteso: tre diretti in volto e Gianni cadde a terra.
L'arbitro cominciò a contare.

http://www.youtube.com/watch?v=ZNGe7iK1O-4
Gianni pensò che quella in pratica era la sua vita: appoggiarsi a qualcuno di importante e cadere, cadere non tanto per un raro compenso, ma perchè tutti sono sempre meglio di te, dal tuo capo al tuo concorrente, e tutti gli altri a sputarti addosso. La folla che circondava il ring lo insultava, gli davano del fallito, lo dicevano tutti là, lo diceva la folla, lo diceva chi prima era un suo fan, lo diceva Masto, lo si vedeva negli occhi di Tagliana. Glielo avevano sempre detto tutti, tutti quanti, persino suo padre e la famiglia di Gloria, l'unica eccezione, che ora non aveva più. Gli venne una gran voglia di alzarsi, di cambiare, il cervello gli imponeva di stare giù, ma aveva una gran voglia di dimostrare che si sbagliavano, di dimostrare a sè stesso che poteva essere qualcosa di più. Stà giù gli diceva una voce, alzati e combatti da uomo gli diceva un'altra voce. Quest'altra voce divenne più forte, pareva quella di Gloria. Gianni girò la testa verso la fonte e la vide: Gloria, in mezzo alla folla, a urlare di alzarsi, a dire che sarebbe tornato con lui, ma non l'avrebbe fatto si fosse lasciato sconfiggere così.
E va bene...
Gianni si alzò. L'arbitro disse nove, ma lui era già in piedi. Tagliana sbiancò in volto. Gloria sorrise di Gioia. Gianni e Masto si scambiarono uno sgurdo, poi Gianni sentì che le sue mani tornavano a splendere, e la luce era rossa, rossa come rosso può essere l'ardore della determinazione, del coraggio, dell'amore. Partì alla carica, Masto si trovò in incredibile difficoltà, poi Gianni ci andò dentro alla grande e vibrò un pugno al basso ventre. Masto cadde agonizzante. L'arbitro contò e quando disse dieci Masto era ancora giù.
Gianni vinse.
Aveva vinto e la gioia andò sul suo volto.
Era il campione.
Tese la mano all'avversario, lui la accolse e lo aiutò a rialzarsi: nessun rancore.
Scese dal ring, la sicurezza cercava di portare via Gloria che era entrata senza permesso, ma Gianni li fermò e abbracciò Gloria e la baciò.
Tagliana cercò di attirarne l'attenzione prendendolo per una spalla, e si beccò un diretto che lo fece volare e lo mandò nel mondo dei sogni.
Qualcuno dette a Gianni Rota una cintura, il premio per il campione.
Finito il match trovò anche il modo di andare avanti: denunciò Tagliana alla polizia, lo mandò in prigione e scelse Gloria come suo agente. Ora la sua fama era alle stelle. Utilizzando la sua immaggine riuscirono a guadagnarci tantissimo.
Gianni aveva fatto il suo match e aveva vinto.