lunedì 30 marzo 2009

TENEBRE

Quando tutto si dissolve nelle tenebre il mondo diventa più bello, perchè lì spariscono i nostri peccati e i nostri segreti, i problemi spariscono e vengono sepolti nel buio, chi odi e chi ti odia muore. E, sopratutto, le tenebre sono belle. Affascinanti. Seducenti. Là è il mio mondo.
Là mando tutte le persone che uccido, là lavoro, là mi riposo, là mi diverto.
Grazie a esse presto sarò vedovo.
Prenderò due piccioni con una fava: mi libererò di uno scemo che mi derubava e di mia moglie.
Grande.
Carlo mi telefona, dice che stà arrivando con Donato.Bene, ho fretta di ucciderlo, così posso mettere fine anche a questa stupidaggine del matrimonio. Tutto sommato dovrei ringraziare Donato: il fatto che mi abbia derubato di molto denaro mi stà dando grandi vantaggi. Posso far ricordare a tutti chi è che comanda qui, per un boss della mafia del mio calibro questo è importante, far ricordare a tutti che nessuno può fare il furbo con me. E ho un pretesto per accoppare quella sciaquetta di Ambra, mia moglie.
Donato è un pò un corriere, prende i soldi degli allibratori e li porta in ufficio, li dà a Carlo, il mio segretario. Un pò è proprio grazie a Carlo se ho scoperto che Donato mi derubava: va da alcuni allibratori per sbrigare delle pratiche e, già che c'è, chiede quanto hanno fatto. Dal momento che non era necessario che tornasse in ufficio quel giorno e che io ero nei paraggi, per il resoconto di quello che ha concluso con gli allibratori ci incontriamo in un bar. Lì mi dice la somma che hanno fatto gli allibratori. Poi torno in ufficio, dove trovo Donato che parla con Ambra. Una discussione innocente. Lui mi dà i soldi che ha preso e se ne va. Peccato che sono meno di quanto Carlo mi ha detto. Faccio delle telefonate agli allibratori e gli chiedo quanto hanno fatto la settimana precedente. Io ho ricevuto di meno. Era chiaro che quel babbeo mi stava derubando, e in una maniera molto poco intelligente. Avrei potuto ucciderlo subito, ma mi venne un'idea. Avevo beccato Donato da solo con mia moglie. Non facevano nulla di male, però io ero l'unico a saperlo, e sono potente: se dico che Ambra mi tradisce con Donato tuti mi crederanno. Avrò il diritto di ucidere entrambi. E sarebbe pure ora, non sopporto più di essere sposato a quell'idiota.
Non sopporto più di essere sposato e basta. E' per una fottuta questione di cosìdetto "buon gusto" se lo sono, è perchè sono un capo importante, prestigioso nell'ambiente, e quindi non è accettabile il fatto che sia scapolo, devo avere una moglie. E fra tutte le mogli che la mia famiglia mi poteva dare, proprio Ambra mi doveva capitare? E' una rompicazzo patentata, non posso sbattere le palpebre che ha da ridire, non ho più un attimo di pace, critica ogni cosa che faccio, viene a parlarmi di fesserie quando sono occupato in cose importanti. E spende, spende troppo. Già di per sè il matrimonio è una gabbia che non ti permette di divertirti, di fare la bella vita, di avere un sacco di donne come si converrebbe ad un vero uomo come me, sano e robusto. E Ambra la rende ancora più soffocante questa gabbia, lei mi controlla, non mi dà respiro, pretende di essere informato di tutto quello che faccio, anche se vado solo a spedire una lettera;e nemmeno facciamo vita mondana, non è che usciamo, per lei la serata ideale è quella passata a casa, e così non vado mai a nessuna festa; a letto poi è una delle peggiori sciaquette che abbia mai incontrato; e non posso parlare di tenebre e sull'oscura natura umana che lei urla perchè s'inquieta. Adesso basta, sono arrivato al limite, voglio tornare alla bella,vecchia vita. E' ora.
Ho fatto passare una settimana e ho fatto in modo che Donato trovasse ancora solo mia moglie in ufficio e sono solo io a trovarli. Come previsto, Donato si è di nuovo tenuto un bel pò di bigliettoni. A questo punto faccio spargere la voce: Donato deruba il boss. E non solo. Faccio dire pure che quando mi portava i soldi, lo trovavo solo con Ambra. Adesso Carlo suona alla mia porta. E' accompagnato da due gorilla e ha Donato nel bagagliaio. Dico ad Ambra di venire con noi. Lei naturalmente non vuole, allora la picchio e, adesso che ci sono i miei uomini, comincio la sceneggiata del marito cornuto che ha trovato la moglie con l'amante: urlo che l'ho trovata a letto con Donato, che è una puttana, che Donato è il suo amante eccetera. Recito bene, i ragazzi sono sgomenti, guardano la scena prendendo per vero ciò che dico. Bene. Carichiamo Ambra in macchina e andiamo.
E' sera, anzi ormai è notte, l'ideale per eliminare chi odi, le tenebre ti avvolgono e fai meglio il tuo lavoro. Arriviamo in campagna, fino a una radura piena di grossi buchi, profondi una decina di metri, è qua che si trovano molti miei nemici, molti di quei fessi che hanno cercato di farmi la pelle. Sono stato io a farla a loro.E ora i loro cadaveri si trovano qua dentro.Nei loro fondi oscuri.
Porto Donato e Ambra al bordo di uno di questi. Dico quello che gli stò per fare, il motivo per cui lo stò per fare. Naturalmente partono i Mi Dispiace e i No Non è Vero.
Donato dice che ne aveva bisogno, che se lo risparmiavo avrebbe fatto qualsiasi cosa e vaccate varie. Ambra dice che non mi ha mai tradito, che non l'ha mai fatto.E' da lei che voglio iniziare: le sparo nella spalla e lei urla, anche io urlerei, per la gioia.Altra spalla altro proiettile. La gambizzo. Poi le sparo nella pancia e lei cade all'indietro nel pozzo. Giuù nel pozzo. Poi tocca a Donato che si prostra ai miei piedi, ma i miei uomini lo tirano su e io gli sparo nella testa e lui muore.Poi lo mando giù dietro ad Ambra, giù nelle tenebre. Là essi spariscono, là le tenebre se li tengono per sempre e là si dissolvono, e il mondo diventa più bello.


continua...

sabato 21 marzo 2009

MANI ROSSE



Questa è la storia di Gianni Rota, pugile dalle mani rosse, rosse come può esserlo l'ardore.
Gianni Rota era nato povero, difficilmente la famiglia riusciva ad arrivare a fine mese.
Smise presto di andare a scuola, aveva trovato un altro modo per andare avanti: il pugilato.
Però gli mancava la possibilità di entrare nel giro dei professionisti, così si dovette accontentare delle lotte nei bassifondi. Si fece presto un nome, una certa fama. Grazie a quelle magiche mani rosse riusciva a raccimolare abbastanza soldi per sè e la famiglia.
E, continuando, Gianni scoprì anche che gli piaceva. Quelle mani rosse erano belle. Il pugilato diventò il suo credo.
Però non poteva durare: andando avanti gli avversari si facevano sempre più forti, e Gianni si ritrovava sempre più spesso non all'altezza. Era molto giovane dopotutto.
Il suo morale cadde anora più in basso quando il padre li abbandonò, a Gianni e sua madre: uscì di casa e non si fece più vedere.
Poco prima dei vent'anni lasciò il pugilato. Era diventato un mondo troppo difficileper lui, aveva bisogno di appoggiarsi a qualcosa.
Iniziò a cercarsi un lavoro serio, ogni volta però c'era sempre qualcun altro con una laurea o con una raccomandazione che glielo soffiava.Per andare avanti tirò la carretta. Faceva un pò di tutto, e si ritrovò a fare qualcosa anche per Giuseppe Tagliana, famigerato boss della mala locale. Non che facesse qualcosa di molto grave, non ha mai rapinato, ucciso o scippato. Più che altro spacciava mariyuana, il più delle volte faceva da gorilla ai ricettatori o a qualcun altro di importante, il corriere che portava soldi alle mogli dei carcerati. Ma mai niente di che.
C'aveva fatto l'abitudine quando conobbe Gloria.
Gloria era la più bella donna che avesse mai incontrato. Se ne innamorò all'istante. Per lei era pronto a fare qualsiasi cosa, a gettarsi nel fuoco e a scalare le montagne più alte.
Gloria, dal canto suo, ricambiava il suo amore. I due si volevano sposare.
Ma fra il dire e il fare c'è di mezzo il mare, e in questo caso il mare aveva le sembianze dei genitori di Gloria. Loro non avrebbero mai permesso che la figlia andasse ad uno spiantato quale era Gianni. Loro avevano altri progetti.
Gianni e Gloria pensavano allora di darsi alla fuga, ma Gianni doveva pensare anche a sua madre e poi con la fuga non avrebbero risolto niente, di che cosa sarebbero vissuti?
Gianni era più che determinato a trovare il modo di fare un mucchio di soldi per Gloria, ed era disposto a fare di tutto.
Pensò di chiedere un prestito a Tagliana, ma sapeva che indebitarsi con lui significava solo guai. Però il boss qualcosa per lui la potava fare: poteva fargli di nuovo fare pugilato.
Per una volta il cielo gli arrise: Tagliana disse sì. Come al solito però gli arrise a metà: poteva giocare solo alle sue condizioni.
E così ricominciò.
Le sue mani ritornarono a essere rosse. Rosse splendenti.
E stavolta nel giro dei professionisti.
E fu gloria e vittoria: si era aperta una stagione dorata per Gianni. Un match vittorioso dopo l'altro, Gloria e sua madre erano fieri di lui.
Aspetto non secondario, lo stipendio non era male. Certo, avrebbe guadagnato molto di più se fosse stato lui a detenere i diritti della sua immagine, i quali erano di Tagliana, ma andava bene anche così, riusciva a mantenere sè stesso e a mettere da parte abbastanza per vivere con Gloria.
Proprio su questo versante però sorse un problema: i genitori le avevano trovato un marito, ricco e importante.
Gloria, però, preferì non dirgli niente, non voleva demoralizzarlo. Non ora che stava andando a concorrere per la finale del campionato, per diventare il migliore d'Italia.
Gianni era al settimo cielo, aveva riscoperto l'amore per il pugilato. Cominciò ad allenarsi duramente per il campionato. Si svegliava prestissimo e si esercitava fino a sera, era detertminatissimo, mai come ora il paradiso gli sembrava così a portata di mano. Dieci sparring partners al giorno e dieci kilometri di corsa. E le mani rosse sempre con lui, a brillare del loro splendore, degno del sole quando tramonta.
Attorno a lui era stato creato il mito del sogno, fu Tagliana a pubblicizzarne la storia personale: nato povero, lavori umili, box come sola occasione di riscatto e compagnia bella. Gianni era diventato popolare, a livello nazionale.
Una sera fu chiamato a casa di Tagliana, e qui ricevette un colpo peggio che dal più agguerrito dei pugili: il boss gli disse che doveva perdere l'incontro. Gianni ci rimase di sasso, non era sicuro di aver capito bene: che voleva dire che doveva perdere? Ora che era diventato famoso e importante? Gloria e la mamma contavano su di lui. Il boss gli rispose che doveva farlo perchè era così che aveva sempre programmato che andasse, che aveva speso tanto per renderlo il favorito, per renderlo una star. Era tempo di raccogliere i frutti, che andasse a tappeto alla quarta ripresa. In cambio, tanti soldi.
E così Gianni scelse di scendere a compromessi, decise di perdere.Per Gloria. L'importante era avere il mucchio di soldi che Tagliana gli aveva promesso, con i quali si sarebbero sistemati.
Andò a parlarne con Gloria, e qui peggiorò: lei vuotò il sacco e gli parlò del matrimonio organizzato.
A Gianni crollò il mondo addosso. Se ne fuggì di là piangendo.

Arrivò la finale.
Era lui sul ring, da solo contro tutti. Non era solo contro Masto, vincitore della scorsa edizione, gli pareva che ogni cosa fosse contro di lui: Gloria l'aveva tradito, Giuseppe Tagliana pure, ed ora doveva tradire lo sport in cui credeva, in cui aveva messo tutto, che era la sua gioia.
Tagliana sedeva fra il pubblico, sua madre lo vedeva da casa, in televisione, e una folla di matti esultanti circondava il ring. Gianni si chiese quanto si poteva aspettare da questi matti, lui che era sempre stato tradito da tutti e da tutto. E ora stava per tradire anche lui sè stesso, stava per tradire il suo credo: anche se non poteva più accasarsi con Gloria, i soldi offerti da Tagliana erano sempre soldi, era sciocco sputarci sopra.
Il match incominciò: fu gianni a ricevere il primo pugno, demoralizzato com'era l'ardore per la box si era spento. Ma quel diretto in faccia gli fece montare la rabbia: iniziò subito ad aggredire Masto con una grandinata di pugni, uno dopo l'altro. Lo fece indietreggiare e lo mise all'angolo, ma i pugni non erano più le splendenti folgori di prima, il rosso del sole si era spento. Era solo la rabbia a darci dentro.
Il primo round fu suo. I suoi occhi incrociarono quelli di Tagliana, che con lo sguardo gli comunicò il suo dovere, come fosse un bambino pestifero. Non ce n'era bisogno, la rabbia si era spenta, come tutto nella sua vita. Nulla poteva impedire ad un agguerito Masto di riempire di pugni Gianni nel secondo round. E così fu.
Gloria lo vedeva da casa. Era a pranzo a casa dei suoi, c'erano il suo promesso e le loro famiglie. Ma Gloria vedeva in televisione il suo amato. Entusiasta per il primo round, rimase con il cuore in gola per tutto il secondo. Gianni le prendeva, e di brutto. Lei lo conosceva, capì che lui aveva deciso di vendersi.
E venne il terzo round. Gianni aveva deciso di andare giù al quarto, come d'accordo, ma si chiese se poteva arrivarci: l'ardore non c'era più. Il terzo round fu violentissimo: riuscì ad assestare ben pochi pugni, e ne prese tanti. Masto era troppo forte, lo incalzò di montanti a non finire. Costrinse Gianni ad un angolo e Gianni si ritrovò a mostrare la spalla destra come ben magra difesa. Gloria vide la spalla e il braccio destro di Gianni coprirsi di lividi. Allora decise: si alzò e mandò all'inferno tutti i presenti, stai scherzando disse il promesso che si prese un bel tuzzo in fronte e Gloria usci via di corsa, diretta verso lo stadio.
Gianni le stava prendendo di brutto, due pugni al petto gli ruppero due costole. Se non fosse già tutto un dolore, si sarebbe buttato a terra dolorante a piagnucolare.
Pausa. Poi il quarto round. Faccio schifo, pensò Gianni. Per farsi forza pensò al suo compenso.
Cominciò il quarto round: Gianni cercò di comportarsi meglio che potè, il braccio destro era pressocchè inutilizzabile. Evitò colpi meglio che potè, poi giunse il momento da Tagliana tanto atteso: tre diretti in volto e Gianni cadde a terra.
L'arbitro cominciò a contare.

http://www.youtube.com/watch?v=ZNGe7iK1O-4
Gianni pensò che quella in pratica era la sua vita: appoggiarsi a qualcuno di importante e cadere, cadere non tanto per un raro compenso, ma perchè tutti sono sempre meglio di te, dal tuo capo al tuo concorrente, e tutti gli altri a sputarti addosso. La folla che circondava il ring lo insultava, gli davano del fallito, lo dicevano tutti là, lo diceva la folla, lo diceva chi prima era un suo fan, lo diceva Masto, lo si vedeva negli occhi di Tagliana. Glielo avevano sempre detto tutti, tutti quanti, persino suo padre e la famiglia di Gloria, l'unica eccezione, che ora non aveva più. Gli venne una gran voglia di alzarsi, di cambiare, il cervello gli imponeva di stare giù, ma aveva una gran voglia di dimostrare che si sbagliavano, di dimostrare a sè stesso che poteva essere qualcosa di più. Stà giù gli diceva una voce, alzati e combatti da uomo gli diceva un'altra voce. Quest'altra voce divenne più forte, pareva quella di Gloria. Gianni girò la testa verso la fonte e la vide: Gloria, in mezzo alla folla, a urlare di alzarsi, a dire che sarebbe tornato con lui, ma non l'avrebbe fatto si fosse lasciato sconfiggere così.
E va bene...
Gianni si alzò. L'arbitro disse nove, ma lui era già in piedi. Tagliana sbiancò in volto. Gloria sorrise di Gioia. Gianni e Masto si scambiarono uno sgurdo, poi Gianni sentì che le sue mani tornavano a splendere, e la luce era rossa, rossa come rosso può essere l'ardore della determinazione, del coraggio, dell'amore. Partì alla carica, Masto si trovò in incredibile difficoltà, poi Gianni ci andò dentro alla grande e vibrò un pugno al basso ventre. Masto cadde agonizzante. L'arbitro contò e quando disse dieci Masto era ancora giù.
Gianni vinse.
Aveva vinto e la gioia andò sul suo volto.
Era il campione.
Tese la mano all'avversario, lui la accolse e lo aiutò a rialzarsi: nessun rancore.
Scese dal ring, la sicurezza cercava di portare via Gloria che era entrata senza permesso, ma Gianni li fermò e abbracciò Gloria e la baciò.
Tagliana cercò di attirarne l'attenzione prendendolo per una spalla, e si beccò un diretto che lo fece volare e lo mandò nel mondo dei sogni.
Qualcuno dette a Gianni Rota una cintura, il premio per il campione.
Finito il match trovò anche il modo di andare avanti: denunciò Tagliana alla polizia, lo mandò in prigione e scelse Gloria come suo agente. Ora la sua fama era alle stelle. Utilizzando la sua immaggine riuscirono a guadagnarci tantissimo.
Gianni aveva fatto il suo match e aveva vinto.

mercoledì 18 marzo 2009

CENTO CONTRO CINQUE







Ciò che voglio fare ora è molto difficile. Devo rimanere concentrato.
Uccidere Matt, in mezzo a questa baraonda, con 100 creature che danno addosso a te e ai tuoi compagni, con te che devi ammazzarne 20 di loro, impiegherà astuzia.
Malediazione al diavolo, se ripenso a come è iniziata questa faccenda, mi vien voglia di spararmi in testa.
Sono Frank Tastle, e assieme a Fru-Fru Man, al samurai Musashi, a Wolfang il Barbaro Cimmero e al Killer Matt stò combattendo contro un esercito di 100 unità, costituito da: 20 elfi, 20 cinesi, 20 non morti, 20 poliziotti swat e 20 mafiosi, quiggiù nel Gan Canyon.
Ma ciò che io davvero voglio è uccidere Matt, il killer. Perchè io faccio questo.

E' tutta colpa dei dannati supereroi se ora sono qui. Colpa loro e di Matt. Che se non stava pure lui, col cavolo che li seguivo fin qui. Che quello è capace di sparire per sempre dalla faccia della terra, dopo questa gazarra, e chi lo stana più quel bastardo poi?
Pareva una cosa come tante: a New York era arrivato un nuovo Killer, Matt, e lavorava per la mafia. Ha un nome, è il killer più pericoloso a cui l'FBI dà la caccia.
Io, naturalmente, voglio ucciderlo. La morte è l'unica cosa che lui e quelli come lui si meritano.
Quelli come lui... E' a causa loro se sono morti... mia moglie, mio figlio, mia figlia...
in un assolato giorno d'estate, a Central Park...
Proiettili impazziti volarono quel giorno, attraverso i nostri cuori. Scagliati dalla spazzatura dell'umanità per altra spazzatura. E non gli importava nulla degli estranei in mezzo. L'inferno si aprì quel giorno, e si prese la mia vita.
Adesso io prendo la sua.
Perchè l'unica cosa che criminali e maniaci si meritano è la morte.
Ed io gliela dò.
Alla gente come Matt.

Avevo scovato il suo nascondiglio, un capannone in periferia, e ci scagliai contro un bazooka. Il fuoco che salì verso il cielo per un secondo mi riportò con la mente al Vietnam. Naturalmente ucciderlo non fu così semplice, altrimenti a cosa si doveva la sua fama. Balzò fuori dal capannone con un borsone pieno degli atrezzi del mestiere e si nascose dietro una pietra. Aveva visto che il colpo di bazooka era partito dai cespugli e cominciò a mitragliarli. L'avevo previsto: prima che cominciasse a sparare, appena lo vidi nascondersi dietro al masso, mi spostai e mi misi dietro a un muretto. Gli puntai contro il fucile, sotto al mitra ho quel bazooka in miniatura che risponde al nome di A 207 e mi preparai a farlo esplodere con quello. Però lui fece una cosa che non mi aspettavo: prese un razzo luminoso e lo lanciò in cielo. La luce purpurea illuminò la scena. Io, come un principiante, mi feci distrarre e alzai la testa e lui deve avermi visto, perchè mi lanciò contro un missile.
Anche lui aveva l'A 207 sotto il mitra. Bene atrezzato, e sapeva come usare i suoi strumenti.
Per fortuna me ne accorsi in tempo e mi levai da lì, giusto in tempo per non morire. Il contraccolpo mi scagliò lontano, non mi sentii più il fucile fra le mani e per un istante tutto fu buio. Solo per un istante. Riaprii gli occhi senza ricordare cosa stessi facendo lì e chiedendomi perchè il mondo si era sdoppiato. Furono le mie orecchie a connettermi, quando sentii un sei Frank Tastle, vero? Preparati a morire seguito dal rumore di un mitra che veniva ricaricato. Vidi il mio di mitra un metro più in là. Appena Matt premette il griletto, mi girai sul terreno raggiungendo il mitra, con le pallotttole che mi volavano attorno. Appena lo presi lo caricai e lo puntai contro di lui: adesso anche lui stava correndo tallonato dai proiettili. Si nascose dietro un albero e risprese a sparare. Anche io mi nascosi dietro un albero e tirai fuori la pistola. Gli puntai addosso il mitra, ma lui mi precedette e sparò colpendo la mia arma e distruggendola. Prima che mi annientasse la testa sparai con la pistola e il suo mitra volò. Io mi avvicinai a lui correndo con la pistola puntata, Matt mi lanciò contro un coltello che mi fece cadere la pistola e mi si scaraventò contro brandendo un machete. Cercò di spaccarmi la testa con un fendente, ma io gli bloccai entrambe le mani e gli calciai lo scroto. Lo prese con una mano, mentre io mi impadronivo del machete, ma lui mi prese la caviglia con l'altra mano e io caddi per terra perdendo l' arma. Lui mi saltò addosso, ma riuscii a scagliarlo lontano calciandolo al petto con ambo le gambe. Ci alzammo e ci fissammo per poi ingaggiare un corpo a corpo.
Era bravo. Conosceva il karate e il Judo. Ma conosceva solo quelli. Lo atterai e mi preparai a spezzargli il collo, quando qualcosa di lungo e fatto di legno mi colpì in volto.
Era Musashi.

Quel supereroe di quart'ordine. Ti pareva che non dovesse venire a rompermi la uova nel paniere?
Spunta fuori che Matt gli serve. Il mondo è in pericolo, dice.
I Compagni della Giustizia hanno scoperto che l'organizzazione terroristica Piovra stà facendo chissàcosa e che Matt, avendo lavorato per loro, sa cosa bolle in pentola e tutte la frescacce del caso.Lì Matt cercò di decapitare Musashi con il machete, ma quello riuscì a fermarlo e, ingaggiato un combattimento, cercò di farlo "ragionare". Ci riuscì, ne posso dire quel che voglio, ma non è stupido.
E nemmeno io.

Vidi la pistaola vicino ai miei piedi. Avrei potuto uccidere Matt mentre era concentrato sul combattimento. Ma, come ho detto, non sono stupido. Musashi sarà pure uno sparacazzate, ma sa quello che dice: se la terra era davvero in pericolo, un mucchio di persone innocenti sarebbero morte.
D'altro canto però non potevo lasciare andare via quel killer così: appena aiutato i supereroi avrebbe fatto perdere le sue tracce e non l'avrei più trovato.
Offrii allora a Musashi e alla sua compagnia di spostati il mio aiuto.
Ed eccomi qui.

Non vi dirò in che consisteva il folle piano di Don Scar (il capo della Piovra, non ve l'avevo detto?), non vi interesserebbe. Vi dico che aveva messo su un esercito abbastanza diversificato per tipologia di elementi (capito perchè stiamo combattemdo contro stì tizi, mò?) e che i Compagni della Giustizia stanno pensando a Don Scar e al grosso dell'esercito nel suo quartier generale in Gemania. Ma qualcuno deve pur pensare al congegno che gli permette di tenere insieme un esercito del genere. Quello lo distuggo io, disse Matt. Capii al volo che una volta distrutto l'affare sarebbe sparito.
Per fortuna decisero di mandarci non solo lui, ma tutta una squadra.E per fortuna ne faccio parte. Visto che a guardia c'erano cento balordi, siamo in cinque: venti ciascuno. Troppo facile, si rischia che ci rammoliamo. Ma tanto io ho un extra: uccidere Matt.
Non avrò altre occasioni. Certo, finita la storia non servirà più e potrei ucciderlo allora, ma i supereroi non me lo permetteranno. Devo ucciderlo ora nel bel mezzo della battaglia. Tutti crederanno che sia caduta combattendo e tutto filerà via liscio, pulito. Vivranno tutti felici e contenti.

Ed eccomi qui, nel mezzo della mischia. I miei venti mafiosi sono tutti dei maledetti figli di puttana, marci fino all'osso, forti e duri. Dei valenti avversari. E anche i venti degli altri non scherzano. Ben presto sparare e scagliare frecce si rivela inutile e optiamo per un corpo a corpo. Tiro fuori il coltello e mi getto nella mischia. Mi attaccano da davanti, da dietro e dai lati (qualcuno pure sopra e sotto), giocano sporco e mordono. Ma io attacco da tutte le parti, gioco lurido, sbrano e artiglio.
Matt ha i suoi swat a cui pensare. Sono tutti corrotti, per questo non mi oppongo al fatto che li uccida. Col machete decapita teste e spezza spine dorsali.
Pure Musashi ci sa fare: venti cinesi, tutti a lanciare shuriken, tutti armati di lance e dardi velenosi, con catene e sahi. E lui riesce a tenergli testa e a tramotrtirne due secondo dopo secondo con solo la sua katana.
Avevo delle riserve su quella checca di Fru-Fru Man, ma mi devo ricredere. Gli elfi sono avversari tostissimi, e lui ne ammazza uno al minuto con armi incredibili. Talvolta vedo terrore negli occhi degli elfi: capiscono che quel tipo mira a scoparsene uno.
Wolfang, il barbaro cimmero, si dà da fare con la sua spada: ha il difficile compito di ammazzare dei non morti. E' molto abile a squartarli e a dividerli in 53. Li riduce in cellule e ha così tanto sangue addosso che non si capisce bene quale sia il suo colore di pelle.
Non divaghiamo.
Devo pensare a Matt.

Uno dei fucili swat, mi serve, così non penseranno che sono stato io.
Ora che nessuno fa caso a me.
Un picciotto mi tiene le braccia avvinghiate attorno al collo e un altro mi viene incontro con un pugnale. Mi piego in avanti e scaglio il tipo dietro di me contro l'altro, ne prendo il coltello e li ammazzo. Già che sono piegato, prendo un fucile swat da terra.
Avviene tutto molto velocemente.
Individuo Matt. Ha ucciso quasi tutti gli swat, quindi ha fatto il suo dovere.Mi dà le spalle. Mi Inginocchio, punto il fucile e ho la sua nuca nel mirino. Sparo e colpisco.
Il proiettile prende il retro del collo di Matt e lo attraversa uscendo dall'altra parte.
Lascio il fucile, mi alzo e mi giro mollando un pugno a un mafioso che mi voleva prendere alle spalle.
La battaglia finisce poco dopo. Agli swat rimasti ci pensiamo noialtri.

Matt stà per terra, supino, moribondo. E' ancora coscente, sa che stà per morire. Lo capiamo dallo sguardo, non può parlare, è stato colpito alla gola. E' in agonia.
E' bellissimo. Lo sguardo nei suoi occhi, il terrore, il dolore, la paura, la consapevolezza che dopo c'è solo l'inferno. ..
Siamo concordi nel dire che è caduto in battaglia, ma nello sguardo di Fru-Fru c'è qualcosa che non va. Ha caputo tutto.
Tremo: questi qui non me la faranno passare liscia.
Però non dice niente.
Wolfang si offre di dare a Matt il colpo di grazia, per non farlo soffrire, era un valido guerriero, eccetera.
Solleva la sua lancia e trafigge il cuore.
Matt muore.
Finalmente.

Fru-Fru Man mi prende da parte prima di partire.Mi chiede perchè l'ho fatto e un motivo per il quale non dovrebbe parlare.
Taglio corto dicendo che conosco un posto a New York dove ci sono un sacco di elfi cattivi che meritano di morire e gli dico che se fa il bravo lo porto con me. Gli occhi gli si illuminano, all'altezza del bacino vedo un rigonfiamento che solleva la sua tunica.
Tace e ce ne torniamo tutti a casa.

E' stata un'avventura proficua.